Economia

"L'Europa si è mossa per prima contro Google, ma ora gli Usa daranno una spallata al gigante di Internet"

Tommaso Valletti 
Il docente Tommaso Valletti (Imperial College di Londra), ex capo economista della Direzione Concorrenza alla Commissione: "L'Ue ha capito per tempo che le pratiche del motore di ricerca sono un problema. Ma le sue multe gli hanno fatto il solletico. Ora gli americani potrebbero ridimensionarlo"
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ROMA - Dopo vent'anni di inerzia, "finalmente anche gli Stati Uniti prendono consapevolezza che le dimensioni e le pratiche di Google rappresentano un problema. L'Unione europea lo ha capito molto prima e si è mossa con maggiore tempestività. Il problema è che l'Europa non è riuscita a imporre a Google dei rimedi efficaci. Invece mi aspetto dagli americani una decisione vigorosa a tutela della concorrenza. Il Dipartimento di Giustizia degli Usa potrebbe spingersi a ordinare la cessione di alcuni rami d'azienda".

Tommaso Valletti, capo del Dipartimento di Economia all'Imperial College di Londra e docente di Economia all'Università di Tor Vergata a Roma, è un esperto della materia. Per tre anni, dal 2016 al 2019, è stato capo economista alla Commissione europea. Lavorava proprio alla Direzione Concorrenza che si è misurata con i super avvocati e i super lobbisti di Google, quando il gigante americano di Internet è finito sotto accusa a Bruxelles.

Professor Valletti, come giudica le contestazioni del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti a Google.
"L'approccio del Dipartimento di Giustizia è classico, tradizionale. Ricalca molto il lavoro della Commissione europea nel 2018 sul caso Google-Android. L'Europa si è accorta che Google "regalava" il suo sistema operativo Android ai produttori di smartphone, come Samsung e gli altri. Il regalo, a patto che questi smartphone avessero tutte le applicazioni di Google preinstallate: dal browser Chrome al Play Store, da Gmail a Google Search e Google Maps, YouTube ed altre In questo modo, Google è riuscita a imporre tutti i suoi servizi, ha tagliato fuori i concorrenti, ha costituito alla fine una posizione dominante, impossibile da intaccare. Questa stessa pratica viene ora contestata dal Dipartimento di Giustizia statunitense".

AdSense, Google Shopping, Android. Alla fine, la Commissione europea ha sanzionato Google più volte e per un totale di oltre 8 miliardi di euro.
"La cifra può apparire enorme e fa sensazione quando la sentiamo al telegiornale, quando la leggiamo nel titolo di un quotidiano. Ma la verità è che Google - forte di un fatturato da quasi 150 miliardi di dollari l'anno - non ha sofferto più di tanto queste multe".

Ma dopo le multe Google avrà pur corretto la sua condotta?
"Una volta comminata la sanzione, che non dà particolare fastidio ai giganti di Internet, l'Europa dovrebbe concentrarsi sui rimedi. Dovrebbe imporre a Google dei comportamenti perché la condotta sanzionata non prosegua. Sul punto, l'Europa si è un po' avvitata. Ha applicato il teorema cease and desist, interrompi e desisti. In altre parole, ha chiesto a Google di presentare lei degli impegni che applicassero alla lettera le indicazioni dell'Ue".

Non è finita bene, allora.
"Google è molto scaltra. Ha avvocati di fama mondiale, che paga benissimo. Questi avvocati leggono le decisioni della Commissione Ue, si appigliano a ogni parola e a ogni virgola. E alla fine consigliano a Google di fare il minimo sindacale per rispettare i dettami della Commissione. Alla fine le cose non sono cambiate come molti di noi speravano".

Anche gli Stati Uniti si accontenteranno di una mega multa oppure è lecito aspettarsi qualcosa di più strutturale, ai danni di Google?
"Strutturale è una parola che ricorre nell'atto di contestazione che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti invia a Google. Il Dipartimento spiega che i suoi sono rilievi strutturali, che dovranno portare dunque a cambiamenti strutturali. Mi aspetto, quindi, che il Dipartimento possa ordinare a Google di separarsi da alcuni rami d'azienda per ridurre la sua dominanza. Il caso tuttavia durerà anni".

L'atto di contestazione del Dipartimento, dunque, è agguerrito, puntuale.
"Critica anche il fatto che Google - non paga della sua dominanza sul fronte di Android - paghi Apple una somma di circa 20 miliardi annui perché il suo browser Chrome sia preinstallato anche sugli iPhone. Google vuole vincere sull'intero universo dei cellulari: Android ed Apple. Per il DIpartimento di Giustizia, è davvero troppo. Se Google è davvero così brava, perché ha bisogno di imporre restrizioni contrattuali su ogni cellulare Android e pagare anche Apple? Sono tattiche che costutiscono barriere insormontabili alla concorrenza".